6 Da Paolo a Lenin

L'ipotesi che Paolo si sia appropriato di una idea, l'abbia trasformata, e con essa abbia messo in piedi una organizzazione segreta con ramificazioni nelle principali città dell'impero, per quanto suggestiva e suffragata dai dati filologici, paleografici, storici, e di analisi logica delle testimonianze disponibili, non spiega tuttavia le ragioni del grande successo del cristianesimo.
Per di più, in assenza di nuovi reperti dell'epoca, le falsificazioni dei documenti sono tali e talmente stratificate da rendere impossibile ogni ulteriore rielaborazione dell'interpretazione della storia del cristianesimo. (19)
Come si è rilevato, sono le scoperte di Nag Hammadi e di Qumran, entrambe avvenute nella seconda metà degli anni 40, e certamente un segno divino, sono queste scoperte che consentono di affermare con sicurezza che la storia della cristianità, così come ci è stata tramandata dalla Grande Chiesa, è falsificata e incompleta.
Un tentativo di comprensione della situazione è che, accanto alla copertura della realtà dell'attività dei seguaci di Gesù, si evidenzia una copertura della natura profondamente gnostica dell'ideologia Paolina. Questa copertura si rende necessaria nella lotta per la supremazia ideologica e politica che si svolge verso la fine del I secolo e nel secondo all'interno dell'organizzazione fondata da Paolo. Ci sono dunque, come detto, due serie di falsificazioni principali, una che riguarda il resoconto della vita di Gesù e i suoi detti, per separare la chiesa Paolina dal sospetto di connivenza coi rivoltosi della Palestina. Quest'una si caratterizza per falsificazioni del resoconto storico e per la caratterizzazione gnostica di tutta la impostazione teologale. In altri termini l'accezione spirituale e gnostica viene accentuata in modo da far apparire in secondo piano le componenti politiche, anzi in modo di farle sparire del tutto.
La seconda serie di falsificazioni si verifica contestualmente allo scontro ideologico e teologico tra gli gnostici e l'organizzazione della Grande Chiesa, quando per la gerarchia e l'élite dei vescovi, diaconi e presbiteri, si impone la scelta di esercitare un potere temporale sulla massa dei cristiani. La gnosi, il messaggio spirituale, non è ritenuto più utile, ed anzi è avvertito come un ostacolo al fine della sopravvivenza dell'organizzazione in quanto tale. E a maggior ragione poi quando l'organizzazione diverrà il fatto preminente, in associazione all'amministrazione imperiale prima e sostituendosi ad essa poi, dal IV secolo in avanti.
Per Mannucci, che ha rivisto tutta la letteratura sull'argomento, ci sono addirittura tre serie di falsificazioni, imperniate su 1) che cosa Gesù ha veramente fatto e detto, 2) i seguaci di Gesù e il loro coinvolgimento nella rivolta antiromana, e 3) la falsificazione paolina.
A parte le falsificazioni della teoria, ci sono poi errori di trascrizioni, aggiunte e falsificazioni vere e proprie dei testi. Un esempio per evidenziare come la falsificazione dei testi fosse in voga in quel tempo: l'apocalisse di Giovanni termina con le parole "Io dichiaro a chiunque ascolta le parole della profezia di questo libro: Se uno aggiunge a queste altre cose, Dio aggiungerà a lui i flagelli scritti in questo libro. E se qualcuno toglierà qualcosa dalle parole del libro di questa profezia, Dio toglierà la sua parte dall'albero della vita e dalla Città Santa. ...". Quale migliore testimonianza di quello che doveva essere lo sport preferito degli amanuensi? Del resto la Grande Chiesa subiva un handicap al riguardo. Per gli gnostici l'apocalisse (la rivelazione) era personale, una volta rinati a Dio, e questo gli consentiva di produrre in continuazione i loro vangeli. La Grande Chiesa si riteneva depositaria di una dottrina immutabile, per cui non c'era alternativa alla falsificazione dei testi scritti, dove tale dottrina era conservata, al fine di contrastare i vari punti conflittuali in termini di gerarchia ecclesiastica, potere dei vescovi, posizione delle donne, e tutto quanto era motivo di divisione e conflitto con gli gnostici.
Agli inizi del quarto secolo per ordine dell'imperatore Diocleziano tutti i testi cristiani vengono bruciati. Ma solo dieci anni più tardi l'editto di Costantino permetterà ai cristiani libertà di culto. Anche questa fu una occasione per la Grande Chiesa, unica depositaria della tradizione, di riscrivere tutta la storia di Gesù in funzione antignostica. Contestualmente, man mano che la Grande Chiesa viene associata nell'amministrazione dell'impero, la gnosi viene emarginata, screditata, e infine condannata. L'estirpazione dell'eresia gnostica è pressoché completa, intellettualmente e fisicamente.
La Grande Chiesa sarà poi intenta a insediarsi stabilmente al vertice del potere politico e a tal fine metterà in atto, nei secoli successivi, una terza serie di falsificazioni. La prima e forse la più importante riguarda Costantino: il suo editto, la sua supposta conversione, la sua donazione. La cosiddetta donazione è stata denunciata come una grossolana frode dal Lorenzo Valla fin dal 1440: si tratta infatti di un documento stilato nel VII o VIII secolo, col preciso scopo, da parte della massima gerarchia della chiesa cattolica, di ingannare i contemporanei e i posteri. (20)
La cosiddetta prominenza data alla Cristianità sulle altre religioni è un'altra bugia. Ma quale prominenza? Costantino, nel cosiddetto editto di Milano del 313, semplicemente permise ai cristiani di praticare il loro culto, al pari di tutte le altre religioni. Quanto alla storia della sua conversione essa è riportata da Eusebio di Cesarea, che è anche uno dei primi storici della Cristianità, e quindi fonte particolarmente inattendibile. Costantino dichiarò la Domenica giorno festivo, ma era inteso che fosse dedicata al sole, come del resto il Natale. Nei suoi scritti, e nell'arco di trionfo, la menzione del grande Dio è da ritenersi riferita al Dio Sole Invitto. Certo la commistione tra potere dello stato e chiesa cattolica cominciò con lui, e non è da escludere che in tarda età si convertisse, ma nel 313, l'anno dell'editto, non diede nessuna prominenza al cristianesimo, e la sua famosa donazione è un falso comprovato. Quanto alla storia di 'in hoc signo vinces' , il ritrovamento di una moneta di Massimiano, uno degli imperatori precedenti Costantino, che riporta l'iscrizione correlata, evidenzia come anche quella sia una grossa fandonia. Quanto al chi ro il monogramma è reperibile fin dal primo secolo d.C.
Lo stesso Eusebio ci tramanda che Costantino fu battezzato sul letto di morte. E se fu battezzato morente, squallido sciacallaggio che verrà ripetuto nei secoli, vuoi dire che non si era convertito prima, o no?

Una quarta serie di gravi falsificazioni fu posta in atto nel quarto secolo: progressivamente la Grande Chiesa modificò, o inventò quando era il caso, date e ricorrenze in modo da farle coincidere con date e ricorrenze delle festività tradizionali dell'impero. La nascita di Gesù, celebrata il 6 o il 10 di Gennaio, venne spostata a coincidere col 25 Dicembre, la più grande festa dell'impero, alla fine dei Saturnali, e dedicata al Natalis Solis Invicti. Nelle chiese cristiane orientali tale modifica venne accolta nei successivi tre secoli, ma per esempio la chiesa armena celebra ancora oggi la nascita di Cristo il 6 gennaio. Il 15 di Agosto, festività di Diana, divenne la festa dell'assunzione di Maria. L'ultimo giorno di Ottobre era irrecuperabile e fu semplicemente posto nel dimenticatoio, ma il primo di Novembre diventa festa di tutti i Santi, mentre il due può rimanere come commemorazione dei defunti e così via con tutte, dicasi tutte, le festività cristiane. (27) Lo stesso giorno di riposo settimanale, per i cattolici come per gli ebrei, era originariamente il sabato; ma per farlo coincidere con la domenica, che Costantino aveva appunto dedicato al sole invitto, gli si cambiò il nome così che divenne il giorno del signore (dominus) .(28)
Fu la particolare caratteristica della Grande Chiesa che le permise di sopravvivere alle invasioni barbariche ed anzi di autoproclamarsi erede e portatrice dei valori della civiltà romana quando l'impero si dissolse. Nel quinto secolo a Roma doveva esserci un bel casino: va riconosciuta la straordinaria capacità della Grande Chiesa di subentrare al vuoto di potere che si era creato nella ex capitale dell'impero, e di usare al meglio quel potere presentandosene addirittura come l'erede nei confronti dei barbari. Giustamente Mannucci fa rilevare il cinismo etico della chiesa a fronte del dissolvimento dell'amministrazione imperiale.
La chiesa cattolica è in effetti il monatto dell'impero. Non è possibile dire se e come la cristianità abbia giocato un ruolo nel crollo dell'impero, ma è possibile affermare con certezza che, quando l'impero si dissolse, la chiesa cattolica era lì pronta a raccattarne l'eredita, assumerne l'autorità e la funzione, come i monatti in una casa sterminata dalla peste.

Si capisce che davanti a questa straordinaria serie di mistificazioni e falsificazioni Stalin assume l'aspetto di un dilettante. Come Mannucci e Boeck fanno notare, non è in questione la buona fede di Paolo. Il primato conferito alla fede pone in secondo piano le questioni etiche, anzi in generale tutta l'etica del comportamento umano. Questa pesantissima eredità culturale è una delle radici profonde della amoralità del politico che si ispira eticamente alla religione creata da Paolo e i suoi successori.
Lo stesso dicasi per il primato della prassi e degli obbiettivi sociali che i marxisti leninisti pongono alla base della loro esistenza: l'etica umana ha un senso solo se conforme alla grande rivoluzione sociale. L'ideologia cristiana della Grande Chiesa si è sempre incentrata sulla cattolicità, sulla universalità della dottrina e della prassi. Ma la dottrina e la prassi sono patrimonio di una gerarchia assolutistica che si mantiene organizzata dal centro alla periferia, che fa della obbedienza cieca e assoluta alla autorità del Papa e dei vescovi un dogma indiscutibile. Il singolo essere umano può sbagliare ma l'istituzione, la Chiesa fondata da Gesù Cristo, essa non sbaglia mai.
Presentata in questi legittimi termini si osserverà che l'organizzazione della Grande Chiesa è quantomeno analoga alla organizzazione leninista. Questo non deve meravigliare più di tanto, visto che la storia della Grande Chiesa è stata insegnata nelle scuole europee per più di un millennio ed è entrata a far parte del nostro bagaglio culturale, del nostro inconscio più o meno collettivo.
C'è un filo rosso conduttore da Paolo a Lenin, forse il rosso del sangue di Gesù morto sulla croce per riscattarci dai nostri peccati e portarci alla salvezza. Non è azzardato vedere delle analogie storiche tra il tempo di Paolo, caratterizzato dalla presenza del potere romano che aveva occupato tutto il mondo conosciuto e andava sempre di più allontanandosi dalla religiosità nel modo di concepire il senso della vita, individuale e sociale, e il tempo di Lenin caratterizzato da un potere capitalista che andava estendendosi ovunque geograficamente e socialmente. Analogo è anche il rispetto per il potere statale come strumento e la concezione dell'utilità di impadronirsene più che di distruggerlo, nella Grande Chiesa nel quarto e quinto secolo e nella Chiesa Comunista agli inizi del nostro. Analoghi soprattutto i fini di salvezza dell'umanità intera, il grande obbiettivo umanitario di riscatto di tutti i popoli per cui tutto è lecito, tutto è necessario.
Ma è soprattutto nell'organizzazione che le analogie sono fortissime: il filo rosso conduttore da Paolo a Lenin è la tipologia e la logica dell'organizzazione, ed il fatto che l'organizzazione in quanto tale appare nei fatti e nella realtà preminente rispetto a qualunque altra questione. In essa "verum et falsum in ipsum convertuntur", essa è la verità e la vita.
L'entrare a far parte di una organizzazione riservata agli eletti, ai migliori, essere tutt'uno con gli altri membri dell'organizzazione e con i nobili ed entusiasmanti fini della stessa, rappresentano profonde motivazioni e soddisfazioni consce e inconsce: forse questa è una possibile spiegazione del grande successo ottenuto dall'organizzazione fondata da Paolo. Poi il tempismo (ma tre secoli dopo la fondazione) dell'organizzazione di impadronirsi di tutte le leve del potere imperiale quando l'occasione si presenta, ne garantisce l'esistenza ormai bimillenaria.
Forse è quel tipo di organizzazione (e magari più ancora quel tipo di successo) che Lenin aveva in mente quando teorizzava sul partito e sulla sua forma. Ci sono tre elementi fondamentali costituenti una chiesa, nel significato più esteso che questa parola oggi ha:
    1) la dottrina
    2) la ritualità
    3) la gerarchia
questa è la vera trinità cattolica, la trinità universale. Sociologi e antropologi più o meno culturali potranno spiegare come mai le cose vadano così, ma è un fatto che così sono andate. Forse il movente, il bisogno inconscio, è il ritorno alla struttura tribale. Forse giocano moduli comportamentali innati. Forse è tutto esorcismo dallo spirito della morte. Incidentalmente Freud appare così ossessionato dalla sessualità da avere eccessivamente sminuito l'importanza dell'aggressività, e da avere trascurato del tutto quanto appare essere dominante nella ritualità e nell'intera vita tribale: la paura della morte.
Verosimili o inverosimili che siano queste supposizioni, Lenin sembra avere fedelmente riprodotto la trinità: la dottrina (l'ideologia, il programma) ; la ritualità (compagni, pugni chiusi, la bandiera rossa, la falce e il martello, le assemblee); e la gerarchia.
 
 
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