4 Visioni e visionari

Il rabbino Hillel (70 a.C. - 10 d.C.) afferma "Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te. Questa è tutta la legge. Il resto è commento". Certo Paolo di commenti ne ha fatti tanti, quante cose gli ha detto Gesù il Signore e i suoi Angeli in ripetute visioni, cose di cui nei Vangeli non c'è traccia. Dopo la deportazione a Roma di Paolo non si hanno notizie certe. Secondo una tradizione sarebbe stato martirizzato nel 62-64. Ma le frasi della lettera ai Romani ("è per la loro caduta che la salvezza è giunta ai Gentili. ...la loro caduta è stata un arricchimento per il mondo. ..") non si possono concepire prima della caduta di Gerusalemme (70 d.C.). Le frasi sono state immesse in epoca successiva alla stesura della lettera? Allora l'intero corpus Paolino è da ritenersi rimaneggiato ai fini della supremazia della Grande Chiesa di Roma. Paolo si era accuratamente distinto dagli Zeloti e dal movimento anti Romano, ed era altrettanto chiaramente in rotta con i Farisei e il Sinedrio. Tacito colloca nel 64 le persecuzioni dei Cristiani ordinate da Nerone, ed è plausibile che Paolo ci sia finito in mezzo. In questo caso è da ritenere che la futura Grande Chiesa Cattolica fosse già organizzata nel suo canone e nella sua gerarchia prima di quell'anno. Peraltro nel frammento Muratoriano conservato nella Biblioteca Ambrosiana si dice che Paolo si recò in Spagna, nell'estremo occidente dell'impero. Non mi meraviglierei che ci si sia recato appunto nel 64, tanto per continuare a portare il suo messaggio. Eisenman e Wise fanno una originale osservazione sul cinismo di Paolo: nella lettera ai Romani egli dà un'altra versione del 'rispetto della Legge' , la disputa ideologica che lo ha opposto agli apostoli. Il rispetto della Legge, che è Legge di Dio, precetto fondamentale per i Farisei, per gli Zeloti, e per i seguaci di Gesù, diventa rispetto della legge Romana e consisterebbe nel rispettare il governo e nel pagare le tasse! E con questo gioco di parole quegli esaltati rimasti a Gerusalemme sono sistemati, loro e la loro Legge.

I rotoli di Qumran, che si presume siano stati abbandonati nelle grotte poco dopo il 70, sono tutt'altro che una testimonianza certa della tipologia della primitiva comunità dei seguaci di Gesù, ma se non altro testimoniano come opinioni, idee, concetti sicuramente più tardi chiamati cristiani fossero già presenti nelle variegate componenti dell'ebraismo del primo secolo prima e dopo Cristo. La storia del rabbino Hillel ne è un'altra testimonianza.
In questo clima visioni e apparizioni erano, a quanto pare, all'ordine del giorno: oggi si ritiene che chi ha le visioni sia appunto un visionario; ma nel linguaggio descrittivo, nella comunicazione verbale l'espressione 'ho avuto un sogno' è perfettamente concepibile. Si esprime il proprio stato d'animo e la propria aspirazione, una sorta di 'oh come vorrei che fosse così' , in un linguaggio figurato. Così si espresse Martin Luter King ('I had a dream') per esprimere appunto le sue idee, il suo programma politico. In questo senso Paolo può aver detto 'Gesù mi è apparso' per spiegare la sua nuova fede, ma ciò non spiega perché la sua fede sia cambiata, cioè non lo spiega razionalmente. E il clima del tempo lascia adito a pensare che le ragioni del cambiamento potessero essere ben poco nobili.
Giuseppe Flavio è un altro che afferma di avere avuto una visione, la visione di Dio che gli annunciava che Vespasiano sarebbe stato fatto re del mondo, e per raccontare questa visione egli inganna spregevolmente i suoi correligionari e compatrioti, come egli stesso racconta, (14) e passa dalla parte dei Romani. Ora su Giuseppe Flavio c'è ben poco da discutere, era un gran mascalzone, ed è lui stesso a lasciarcene testimonianza, nel racconto della sua 'conversione' nella cantina sotterranea in cui si era rifugiato dopo che le truppe romane entrano nella città di Iotapata. Più tardi Giuseppe stesso cercherà di occultare il suo ruolo nella guerra: mentre in 'La guerra Giudaica' , pubblicato nel 75, egli appare il comandante militare della Galilea, nella sua autobiografia, pubblicata venticinque anni più tardi, il suo ruolo appare come quello di un sacerdote inviato come membro di una commissione di tre sacerdoti in Galilea per dar ordine ai patrioti di deporre le armi!
Su Paolo invece non esistono prove, solo ragionevoli ricostruzioni degli eventi: perfino se fosse comprovata la partecipazione dei seguaci di Gesù, o di Giacomo, alla rivolta contro i Romani, si potrebbe sempre dire che Paolo si astrae dalle sorti della Giudea e degli ebrei solo per esaltare il contenuto spirituale e universale del messaggio di Gesù. Quanto al suo comportamento davanti al Sinedrio e al Procuratore Romano, si può credere a debolezza intellettuale più che a vile furbizia, o ancora più semplicemente a rimaneggiamento dei testi. Che il corpus Paolino, come del resto tutto il Nuovo Testamento, sia stato rimaneggiato pare al di sopra di ogni dubbio; talora intenzionalmente, o talora una aggiunta o commento dell'amanuense è stato poi integrato nella successiva trascrizione nel testo originale.

Così la storia e la vita sociale e religiosa della palestina tra il lo secolo a.C. e il lo d.C. sembrano caratterizzate da una molteplicità di eventi, di cambiamenti dei rapporti di forza, di dispute e scontri religiosi e politici. Gli studiosi sarebbero concordi nel ritenere che la scarsità della documentazione in nostro possesso non ci consente di avere le idee chiare in merito. I fatti tuttavia sono certi: in coincidenza o quasi del cambiamento della maggioranza nel Sinedrio si verifica la prima occupazione di Gerusalemme da parte delle truppe di Pompeo (63 a.C.). Dopo la distruzione di Gerusalemme ad opera di Tito (70 d.C.) di tutte le correnti, sette, partiti esistenti ne sopravviveranno solo due: la farisaica e la cristiana. Conseguentemente è puerile trascendere dalla problematica posta dall'occupazione romana della Palestina rispetto alla vita politica, sociale e religiosa della stessa.
La prima falsificazione dei vangeli consiste pertanto nella supposta necessità di presentare al pubblico romano ed ellenista una dottrina spirituale scevra di contenuti sociali e politici, visto che questi contenuti sociali e politici erano essenzialmente contro Roma e lo stato di cose difeso dall'impero. Non ci sono prove di questa falsificazione, dell'occultamento cioè della questione di fondo: che Gesù è crocifisso dall'autorità romana perché riconosciuto leader di un gruppo ritenuto antiromano. (15) La malafede, o pesante manipolazione, del corpus Paolino è tuttavia evidente.
La seconda falsificazione dei vangeli è più tarda nel tempo e risente dei conflitti teologici e politici all'interno della comunità cristiana. Il messaggio spirituale e personale appare attenuato a vantaggio di quello sociale, ma soprattutto si afferma l'autorità della gerarchia ecclesiastica. Comunque si risolva il problema centrale della salvezza, una cosa è affermata recisamente: al di fuori della Chiesa non c'è salvezza. In questa occasione sembrano essere rivalutati passi di chiaro riferimento sociale che nella precedente falsificazione, tesa ad allontanare possibili sospetti di sovversivismo sociale, erano stati sminuiti nel loro significato, e si parla naturalmente della povertà. Questa ambiguità permarrà nella storia della Grande Chiesa fino ai nostri giorni. E anche questa è una traccia evidente.

Comunque sia pare strano che a un Paolo giovanetto vengano affidati compiti persecutori nei confronti di una setta religiosa in una epoca dove praticamente ogni sinagoga costituiva in certo qual modo una scuola e quindi una setta differente. Se Paolo assiste giovanetto all'assassinio di Stefano nel 33-34, credo sia ragionevole dovergli aggiungere cinque o sei anni prima che il Sinedrio lo investa di tale autorità. Questo ci porta a far coincidere tale attività colla indipendenza della Palestina, parziale dopo il 37, e totalmente concessa da Claudio ad Agrippa nel 41. Quando Agrippa muore Paolo avrà dovuto scegliere tra il continuare a perseguitare i movimenti anti romani per conto dei romani stessi invece che per conto della autorità ebraica. Se le cose sono andate così, è perfettamente comprensibile perché abbia scelto di andarsene dalla Palestina e, più tardi, aderire, sul piano spirituale e come rinuncia al mondo, a una delle sette che aveva perseguitato. La politica era
diventata una cosa troppo pericolosa.

L'atteggiamento della scuola biblica di Gerusalemme è quantomeno strano, ma non certamente isolato. Nell'unica edizione italiana de 'Le antichità Giudaiche' di Giuseppe Flavio da me reperita, e che risale al 1812, una nota del sacerdote che ha effettuato la traduzione alla menzione dell'autore sull'esistenza di una quarta filosofia, fondata da Giuda, e chiamata degli Zeloti, afferma che per Zeloti l'autore intendeva gli Erodiani! Questo corrisponderebbe a identificare i Guelfi con i Ghibellini, o nella recente storia d'Italia i fascisti con i comunisti. E' possibile una tale confusione in un traduttore della voluminosa opera di Giuseppe Flavio? O non vale piuttosto il detto 'excusatio non petita declaratio manifesta' , visto che la nota appare isolata, non necessaria, e completamente fuorviante? Gli Zeloti nacquero esattamente per combattere gli Erodiani, sul piano religioso e politico. Gli Erodiani sono, nella tradizione della Grande Chiesa, coloro che avevano messo a morte Gesù. Quale più perfida manipolazione, degna di stare nel 1984 di Orwell, che attribuire al movimento zelotico, a cui presumibilmente avevano appartenuto perlomeno molti dei seguaci di Gesù, una identità con coloro che essi odiavano e combatterono a morte.
Anche nelle note di moderne edizioni della Bibbia il contrasto teologico ed etico tra Paolo e Giacomo viene, peraltro maldestramente, minimizzato sostenendo che tra i due non ci sarebbe il contrasto che essi affermano di esistere. (16) E ancora molti studiosi eccepiscono sul significato di 'Iscariota' come Giuda, l'apostolo traditore, è chiamato. Non pare essere un patronimico o simile, e l'altra interpretazione, 'Scariota' , cioè portatore della borsa in cuoio che teneva i denari della comunità, non si accorda con il fatto che anche il padre portava lo stesso nome. Un'altra interpretazione è possibile, quella di Sicario, di appartenente cioè all'ala estrema del movimento zelotico. Del resto uno degli apostoli, Simone il Cananeo (kananaios) , è identificato nei Vangeli come uno Zelota.
Dai Vangeli si evince una immagine dei Farisei come falsi e bugiardi (ipocriti, sepolcri imbiancati) e, applicata a Giuseppe Flavio e Paolo di Tarso l'immagine sembra appropriata. Porterebbe a escludere che Gesù fosse un Fariseo, più probabile che fosse un Esseno, o forse un Nazareo. Ma soprattutto c'è da considerare perché esplicitamente i Farisei vengono accusati di ipocrisia, che è una accusa di prassi e non di teoria. E in che cosa uno poteva essere ipocrita nel corso di una guerra di liberazione contro i Romani, come in realtà furono i Farisei che si barcamenarono tra gli uni e gli altri dall'inizio alla fine?
Ciò che è strano è che Giuseppe Flavio non dica niente di esplicito riguardo a Gesù e i suoi seguaci. (17) Dei Sadducei poco si dice nei vangeli, e poco dice Giuseppe Flavio, e questo poco può significare molto. Insomma molti indizi evidenziano lo schieramento dei seguaci di Gesù con i Sadducei e gli Esseni che si trovano riuniti nel movimento zelota, ma, a partire da Paolo, questa confluenza è condannata su basi teologiche, etiche, e politiche. Da quel Paolo che Gesù, per suo dire, non lo aveva manco mai visto né sentito! Rimaniamo in attesa di nuove scoperte paleografiche e archeologiche, colla speranza che i Domenicani non ci mettano le mani sopra per primi.

Nei tempi moderni un altro profeta ha avuto la visione di Dio che lo incaricava direttamente di una missione di Redenzione, e di un angelo del Signore che gli ha raccontato la storia di una tribù ebraica -quella di Beniamino, che, incidentalmente, è la stessa a cui apparteneva Paolo- che avrebbe passato l'atlantico e fondato il nuovo mondo: la Chiesa Mormone è fondata su una rivelazione diretta di Dio a Joseph Smith, nei boschi dello Stato di New York, nel 1820, e poi ancora per opera di un angelo nel 1823, e ancora più avanti nel 1827. Eppure la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi dell'Ultimo Giorno, come è chiamata la chiesa dei mormoni, a quasi duecento anni dalla sua fondazione, non appare moralmente o spiritualmente inferiore ad altre chiese cristiane.
Ma l'atteggiamento della Chiesa Cattolica tende a indicare in Joseph Smith un cialtrone, un ciarlatano, un tristo ingannatore. E perché invece Paolo no? Ovvero perché mai Dio dovrebbe apparire solo ai cattolici?
Insomma i visionari, coloro che hanno le visioni, coloro a cui appaiono degli angeli, sono automaticamente dei ciarlatani o il giudizio dipende dal tipo di messaggio che ricevono, o dicono di aver ricevuto? E poi questo meccanismo è limitato al mondo religioso o anche il mondo laico ha i suoi visionari, le sue ispirazioni, le sue intuizioni?
E necessario intenderci sul termine visione: ognuno può sviluppare una sua particolare visione del mondo, una sua filosofia. Qualcuno se la tiene per sé, qualcuno è preso dall'ansia di renderne partecipi gli altri. Se questa visione, questa filosofia, è basata su un giudizio etico di che cosa è bene e che cosa è male non solo per sé ma per tutta la società, e se questo giudizio etico viene imposto alla società in nome del bene sociale, questo noi lo chiamiamo fanatismo religioso, intolleranza, totalitarismo. Sotto questo aspetto il mondo religioso e il mondo laico sono la stessa cosa, semplicemente il mondo. E il mondo stesso ha conosciuto tanti profeti, cioè personaggi che, ispirati dalle loro visioni, predicono dove andrà e dove deve andare il mondo.
Davanti a queste profezie c'è da chiedersi se non sia meglio un accordo con il demonio: forse il principe del male sarà un po più ragionevole, conscio come deve essere delle umane debolezze; forse essendo noi più simili al demonio che a Dio sarà più facile venire a patti con lui. Forse dal demonio, in cambio dell'anima, sarà possibile ottenere di vivere in santa pace, senza romperci le scatole l'un con l'altro, occupandoci di contrastare gli accidenti che la sorte predispone quotidianamente contro l'umanità intera. Dopo morti poi si tenga il demonio la nostra anima, a causa del peccato di avergliela venduta. Ci rimarrà l'orgoglio di non avere fatto null'altro di male, di non avere fatto agli altri quello che mai vorremmo venisse fatto a noi.

Quello che più disturba nei visionari è la singolarità del fenomeno: se una stessa visione apparisse, come talvolta dicono sia apparsa, a migliaia di persone, la nostra coscienza democratica sarebbe più tranquilla. Ciò che disturba infatti è perché mai una visione debba essere riservata a uno o a pochi privilegiati, siano essi pneumatici o psichici. Insomma non avremmo difficoltà a credere in Dio se egli apparisse più democratico, se negasse recisamente la storia della predestinazione.
Non c'è nulla che ci irriti di più che vedere un nostro coetaneo essere più fortunato di noi. Voglio dire essere certamente più fortunato di noi, non parlo di quelle storie che uno è artefice della propria fortuna e che non serve piangere le proprie disgrazie. Può darsi che sia invidia, ma a volte sembra pura e semplice ragionevole e motivata irritazione.

Comunque sia l'astuto giovane amministratore avrà compreso che buona parte del problema di chi abbia ragione o torto in politica si riassume nella definizione del male collettivo, del male sociale. Le profezie sarebbero la generalizzazione a tutti i membri di una società, la socializzazione insomma di opinioni su ciò che è male e ciò che è bene proiettate nel futuro. Ovvero di che cosa accadrà nel bene e nel male. Ma è proprio qui che sorgono i dissidi in politica: opinioni contrastanti su ciò che è bene e ciò che è male, se ciò che è bene per l'individuo sia, a certe condizioni, un bene per la somma di più individui; se ciò che è bene per la società sia automaticamente un bene per l'individuo, e soprattutto chi definisce il bene sociale, se la maggioranza o coloro che hanno o si attribuiscono una spiccata capacità di differenziare il bene dal male. E che cosa succede, nel caso sia la maggioranza a stabilire che cosa è il bene sociale, ovvero se una cosa specifica è bene o male, che cosa succede dicevo di coloro che non riescono ad accettare le opinioni della maggioranza. E siccome non è obbligatorio fare delle profezie per fare politica, ed anzi pare sia meglio astenersi dal profetizzare causa l'antipatica tendenza a cercare poi di far rientrare gli eventi futuri nelle proprie profezie, di imbrigliare le carte insomma, rimane una onesta disputa su cosa sia il male presente e tutt'al più il più probabile bene futuro.
Sul male e la sua origine si discute da un bel po' di tempo, e si continuerà a discutere immagino. Quando la teologia era tutto, l'origine del male era un grosso problema teologico; Darwin ha posto le basi per una discussione più terrena, ma anche in campo biologico non mancano i contrasti, e in certo qual modo l'antitesi innato-acquisito sembra riecheggiare la disputa teologica sulla predestinazione.
 
 
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