Incontro - Francesco Guccini

    E correndo mi incontrò lungo le scale
    quasi nulla mi sembrò cambiato in lei.
    La tristezza poi ci avvolse come miele
    per il tempo scivolato su noi due.
    Il sole che calava già
    rosseggiava la città,
    già nostra e ora
    straniera e incredibile e fredda
    come un istante "déja vu"
    ombra della gioventù
    ci circondava la nebbia.

    Auto ferme ci guardavano in silenzio
    vecchi muri proponevan nuovi eroi.
    Dieci anni da narrare l'uno all'altro
    ma le frasi rimanevan dentro in noi.
    "Cosa fai ora, ti ricordi, eran belli
    i nostri tempi,
    ti ho scritto, è un anno,
    mi han detto che eri ancor via".
    Poi la cena a casa sua
    la mia nuova cortesia
    stoviglie color nostalgia.

    E le frasi quasi fossimo due vecchi
    rincorrevan solo il tempo dietro a noi.
    per la prima volta vidi quegli specchi
    capii i quadri, i soprammobili ed i suoi.
    I nostri miti morti ormai
    la scoperta di Hemingway,
    il sentirsi nuovi
    le cose sognate e ora viste,
    la mia America e la sua,
    diventate nella via
    la nostra città tanto triste.

    Carte e vento volan via nella stazione
    freddo e luci accese forse per noi lì
    ed infine in breve la sua situazione
    uguale quasi a tanti nostri film:
    come in un libro scritto male
    lui s'era ucciso per natale,
    ma il triste racconto
    sembrava assorbito dal buio.
    Povera amica che narravi dieci anni in poche frasi
    ed io i miei in un solo saluto.

    E pensavo dondolato dal vagone:
    "Cara amica, il tempo prende e il tempo dà.
    Noi corriamo sempre in una direzione
    ma qual sia e che senso abbia chi lo sa.
    Restano i sogni senza tempo
    le impressioni di un momento,
    le luci nel buio, di case intraviste da un treno.
    Siamo qualcosa che non resta,
    frasi vuote nella testa,
    e il cuore di simboli pieno."

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    Marco Giunco
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